Genoanità con il nostro GLT

IO E MIA FIGLIA

A volte mi capita di pensare se tramandare a mia figlia l’amore viscerale per il Genoa sia o meno la cosa giusta.
Ed è una sensazione strana per me che ringrazio il mio povero papà di averlo fatto.
Strana perché io e sua madre ci siamo fidanzati in trasferta a Catania.
Strana per me che ho sempre pensato che la Nord sia stato il posto migliore dove crescere e diventare uomo.
E poco importa se fossi al Ferraris o in una trasferta oceanica o da un centinaio di persone.
Il posto migliore dove potessi essere in quel momento era quello.
Anni fa sono andato a mettere gli striscioni, pratica che facevo da ragazzo quando, con altri amici, avevamo il nostro club a Sturla.
Ho rivisto tante facce amiche soprattutto quella di Dario che, alla sua età, era sdraiato per terra per appendere quanti più striscioni possibili.
” questi ragazzi meritano il nostro aiuto” mi disse.
Ma Dario è unico, un mito, un esempio per tutti.
E ti viene naturale, spontaneo farlo anche te.
Poi la vita cambia, un figlio ti cambia.
E non puoi scendere a compressi come quando sei fidanzato con una donna alla quale non frega nulla del calcio.
Una donna che non può capire cosa c’è dietro a una punizione di Branco, un’ incornata di Skuhravy, un balletto di Aguileta.
O una danza sul pallone del Principe, il codino di Palacio che saltella sul campo, o un dribbling di Perotti.
Ma anche un colpo di resta di Dante Lopez.
Io lo feci, scesi a compromessi, avevo 30 anni.
Solo le partite in casa, niente trasferte.
È durata fino a quando un giorno, guardando le immagini alla tv, vidi i miei amici schierati nel settore, con le sciarpe, le bandiere, sentii il grido ” Genoa Genoa” che si alzava alto nel cielo.
E tu non ci sei.
No, non può essere, non può durare.
Ma un figlio ti cambia la vita.
Subentrano i doveri di padre soprattutto se, per lavoro, durante la settimana riesci a vederla poco.
E allora ti tocca un centro commerciale o un parco giochi.
Con un occhio su di lei e uno sul cellulare per seguire il risultato.
Ma quell’ abbraccio alle tue gambe quel “papi” sono un emozione unica che ti ripaga.
Lei è Genoana, canta l’inno ha la sua bandiera.
Come avevo io.
Il mio primo dovere penso di averlo fatto.
Per il resto la lascerò libera di scegliere.
Anche se in cuor mio non vedo l’ora di portarla allo stadio, al ” campo” come lo chiamava mio padre.
Per farle vedere dove è cresciuto il suo papà.
Per farle capire come una sciarpa rossoblu sia sinonimo di eterna fratellanza.
Come un vecchio bollino su una targa o un adesivo sul casco.
Per farle comprendere la diversità che c’è tra vivere e guardare lo stesso evento.
Per imparare il valore di una colletta in aiuto di chi è meno fortunato di lei.
Per conoscere l’emozione di una vittoria ma anche l’ educazione alla sconfitta.
Per imparare il valore della lealtà.
In una parola sola l’essere tifosi del Genoa.
E io sarò al tuo fianco.

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